Mi ricordo una delle prime discussioni aspre che ho seguito nella "rete dei blog", che per me ha seguito la "rete dei forum", più arcaica: Mafe di sicuro, e forse anche Vanz, avevano promosso e realizzato un trenino "meo amigo Charlie Brown" durante una conferenza seria o seriosa, per colmare il divario - dissero ai tanti che li criticavano e attaccavano - per colmare un divario che sembrava artificiale e inibitorio, oltre che palloso e vuoto, tra palco e platea.
Sembravano dei pazzi ed erano divertenti: oggi che ci sono i barcamp, si capisce perché risultassero anche divertenti ad alcuni, oltre che molesti ad altri.
Ieri sera MenStyle.it ha presentato la sua community, in attesa della piattaforma che uscirà a fine mese.
Di piattaforme editoriali non so nulla, quindi ho seguito i lavori con una certa curiosità.
Tecnicamente basta andare sulla pagina centrale di MenStyle.it e si capisce subito e intuitivamente come funziona: quello che m'interessa in incontri del genere, è che quando te la raccontano capisci come l'hanno pensata.
Siccome Mafe e Vanz insieme agli altri di MenStyle.it sono bravi, a me è parso, mentre ascoltavo, che parlassero anche della piattaforma alla quale tengo molto, la blogsfera - anche se noi non abbiamo un editore dietro, o una redazione a studiare per noi meccanismi di accostamento dei contenuti.
Come piattaforma abbiamo contenuti tipici e unici che ci distinguono, e sistemi di relazioni e meccanismi di serendipity, nessuna barriera in entrata, ma anche, e peculiarmente, una cultura nascente del fare conversazione.
Francamente ieri sera m'interessava chiedere perché le piattaforme editoriali, o meglio istituzionali in genere, non studino meccanismi che facilitino la scoperta e la partecipazione dei loro iscritti, ai blog della piattaforma "Charlie amigo Brown", quella spontanea insomma, a volte detta blogsfera.
A me pare che mondi chiusi, per quanto "all inclusive", generino inevitabilmente, a un certo punto, quel vuoto di senso che porta all'abbandono o all'espulsione violenta. Vedo quindi come un valore aggiunto, la capacità di offrire ai tuoi iscritti anche la visione concreta di una rete aperta e connessa. Un valore aggiunto che può distinguerti dalle altre piattaforme, e fare la differenza per l'affezione degli iscritti.
"Sì, ma come fai?", mi hanno ovviamente risposto. Non ho saputo dire niente. Ed è chiaro: io non ho esperienza di community, e chiedevo di aiutarmi a formulare la domanda, invece ne abbiamo fatto una questione di risposte.
Vabbeh.
Insomma... anche se all'aperitivo che è seguito mi sono divertito, perché a me il Confuso e D'Ottavi e Ninna e il Beggi mi portano sempre altrove, ed ho conosciuto "live", Auro, SuzukiM. e STUS che sono molto meglio dal vivo del tanto che vengono sul blog, francamente mi sentivo di correre dentro un divario come un trenino meo amigo, di essere insomma un po' ai margini della festa, di ritrovarci un po' eccessivi nella nostra voglia di demordere.
Le community offrono identità, mi hanno detto.
Non mi sembra banale, sembra spiegare e giustificare una certa chiusura verso l'esterno dei partecipanti. Un modo per proteggersi. Per evitare la complessità che prende il nome di caos e spaventa, perché agita fantasmi d'inadeguatezza. Ok, certo, comprensibile.
Ma secondo me il salto nel vuoto non dev'essere uno dei servizi possibili, opzionale o meno, ma invece dev'essere un nodo strutturale dell'identità che gli offri, una parte costitutiva, il modo in cui hai disegnato l'oggetto al quale offri d'iscriversi.
Un elemento del quale non t'accorgi necessariamente, o non direttamente, come per esempio la freccia nelle macchine: sulla tua macchina tu sei in contatto soltanto con una leva, ma l'effetto è che fuori gli altri sono avvisati, per la tua e la loro sicurezza, delle tue intenzioni.
Come realizzarlo tecnicamente?
Brigitte Peugeot Pejioooo!!!
Noi tanto finiamo sempre altrove, no? ;)
Scritto da: ninna_r | 12/02/2008 a 20:33
caro palms, avevo capito che era così, ma che botta d'emozione questa tua paginata
lo fai col software, con qualcosa che sta sotto e non si vede, costruendo strade e piazze su cui ognuno possa aprire una bancarella, sedersi a chiacchierare, accendere un fuoco e metter su il caffé
ciò a cui siamo di fronte, invece, è un edificio. bellissimo, confortevole, intrigante, in cui si fanno incontri divertenti. ma pur sempre un edificio, una costruzione editoriale. sperando che non diventi un centro commerciale
intanto io mi associo al trenino. un abbraccio
Scritto da: alberto d'ottavi | 13/02/2008 a 07:19
dico, fuori tempo massimo, che a far la locomotiva del trenino situazionista al salone del libro ci fui io, e mal me ne incolse
Scritto da: Effe | 18/02/2008 a 15:08
Come "mal te ne incolse"? Che è successo? Racconta, dai :-)
Scritto da: palmasco | 18/02/2008 a 15:18