Provare a tracciare la mappa del testo di qualcuno altro non è per niente facile, il territorio si presenta formato da pieni e vuoti, muoversi è sempre difficile e a volte perfino fastidioso, quando per esempio devi vincere la tua stessa inerzia e la voglia di mollare, ma anche, devo confessarlo, finisci per credere che le resistenze siano una specie di bussola.
Finché la materia si dispone così, favorendo oppure ostacolando le mie energie, sento di avere qualche ragione per credere di muovermi nella direzione giusta, o almeno, nella direzione che mi consente di restare aderente all'oggetto di cui cerco di parlare e di capire, un racconto di Llu: finché ho la sensazione che il cammino sia dettato dalle caratteristiche dell'oggetto esterno, la direzione non può essere che giusta, qualsiasi sia.
I vuoti e i pieni... la narratrice di Llu parla, un pieno, ma di qualcuno che non c'è, o che non è al suo posto, un vuoto, viene baciata, un pieno, ma da una testa che oscura il cielo, come può farlo una nuvola nera ad un cielo magnifico, un vuoto, la narratrice si rivolge a qualcuno, un pieno, ma da una prospettiva di se stessa che non c'è più, o che non c'è mai stata, un vuoto, e poi Ramon y Cajal che studiando il cervello scopre che la trasmissione elettrica tra neuroni cerebrali non si svolge soltanto lungo l'asse di collegamenti fisici, ma attraverso degli ambienti vuoti che si chiamano sinapsi, nei quali si raccolgono le sostanze chimiche che permetteranno o inibiranno la trasmissione di informazioni tra un dendride e un altro, cioè apriranno o chiuderanno circuiti nervosi.
Se possiamo allontanarci per un attimo dal testo di Llu, come credo che possiamo fare senza problemi, la strada aperta dallo studioso spagnolo ci dice moltissimo, e come vedrete non manca di suonare estremamente significativa anche per noi che cerchiamo di accostarci a Llu, anzi quasi metaforica del processo a cui cerco di puntare qui.
Basta un attimo di pazienza.
Allora: attraverso i dendriti una terminazione nervosa si collega alla seguente, per cui da bambino tu picchi il ginocchio per terra e qualche istante dopo essertelo sbucciato avverti il dolore.
E' il modello elettrico di trasmissione: sostanzialmente un impulso viaggia lungo un cavo, per cui gli scienziati si misero a misurare la distanza in millisecondi tra lo stimolo e il dolore, per determinare la lunghezza del tragitto percorso, o determinare la resistenza elettrica dei nervi, cioè la loro capacità o incapacità di condurre lo stimolo.
Il problema di quegli studiosi era che mentre non avevano elementi per determinare se il ritardo della risposta fosse dovuto alla distanza dal cervello o alla qualità del conduttore, negli stessi anni Freud e i freudiani, ignorando del tutto (o quasi) le ricerche anatomo-fisiologiche, inventavano l'inconscio, un sistema complesso che, ridotto al suo significato essenziale, secondo loro impediva o permetteva agli stimoli di raggiungere il cervello, ovvero si comportava, diremmo oggi in questo contesto, come una resistenza elettrica.
Gli scienziati moderni si sono resi conto che avevano ragione entrambi, entro i limiti piuttosto asfittici dei loro orticelli: è vero che gl'impulsi nervosi viaggiano elettricamente lungo il sistema nervoso, ma è anche vero che la capacità di conduzione o di resistenza del sistema è molto variabile, moooolto variabile - se prendo un'aspirina non sento dolori muscolari, se prendo venti gocce di Valium non sento l'ansia della mia condizione presente, se prendo antidepressivi le loro particelle chimiche si vanno a depositare esattamente nei recettori sinaptici, bloccando l'aggancio delle molecole depressive... eccetera eccetera.
Per accorciare una storia lunga, non soltanto il modello di trasmissione elettrica si è evoluto verso quello di trasmissione chimica, ma di conseguenza si è evoluto e sta cambiando molto anche il concetto d'inconscio.
Il punto è questo, dicono gli scienziati più evoluti, o più intelligenti: se le tue esperienze precedenti ti condizionano davvero, come ormai è chiaro che facciano, allora vuol dire che il ricordo deve essere capace di inserirsi nel sistema di trasmissione, che tu lo sappia o no, che tu lo voglia o no.
L'inconscio, avrebbe detto Freud, è proprio quello.
Se ti sei sbucciato il ginocchio da bambino, magari mentre passavi accanto ad una pianta grassa in giardino, non è raro che ogni futuro passaggio accanto alle piante grasse ti procuri un'agitazione simile a quella di decenni fa...
Ma come fa uno stimolo qualsiasi, addirittura un ricordo, ad inserirsi nel sistema di trasmissione chimico? si chiedono giustamente i neurobiologi, che devono tracciare la fisica del fenomeno, perché in fin dei conti anche le cose mentali succedono a un corpo e in un corpo.
Hanno pensato che lo spazio sinaptico, potenzialmente vuoto, si presterebbe benissimo.
Così hanno cercato lì, e scoperto che alcune particelle chimiche, in alcuni momenti e per un tempo limitato, "colonizzano" le sinapsi di intere aree cerebrali, e che a volte le configurazioni chimiche così ottenute si ripetono fedelmente, a livello locale, in altre aree sinaptiche anche molto distanti, anche fuori dal cervello.
Per fare un esempio, l'adrenalina prodotta durante uno sforzo sportivo tende a invadere le sinapsi, cioè a predisporre un ambiente chimico poco adatto a trasmettere gl'impulsi di dolore, tanto è vero che la botta o la ferita ti farà male soltanto la sera.
Trasferisci questo semplice modellino su stimoli più complessi, che riguardano gli umori o le percezioni, e secondo loro hai l'inconscio, ovvero un sistema interno che reagisce localmente agli stessi stimoli che percepisci tu, spesso senza neanche avvisarti di essere entrato in funzione.
Vai a un colloquio con un amico, come fa la narratrice di Llu per esempio, e nelle tue sinapsi affluisce già, in forma di predisposizione, tutta la chimica necessaria a farti marcare un segnale ambiguo come negativo, invece che positivo o neutro, segnando quindi l'incontro su un preciso tono emotivo.
E senza che la valutazione passi necessariamente per il cervello..., ipotizzano i neurobiologi del cervello più evoluti.
La narratrice di Llu, con lo stupore di cui ho già parlato (..."tutto ciò non mi dovrebbe succedere"...) si muove dentro uno spazio simile, potenzialmente vuoto, ma di fatto costantemente sottoposto a ondate che lo occupano e quindi lo predispongono, evento che, a livello psicologico, per lei risulta drammatico.
Non lo costringono, ma lo predispongono.
La narrazione secondo me riguarda questi movimenti e gli stati d'animo connessi.
E noi dietro.
è la terza o quarta volta che rileggo il pezzo.
Credo di non aver mai veduto nulla di simile, finora.
Scritto da: Effe | 16/05/2006 a 10:36
Mi piace pottere vedere un blog italiano cosi bello!
Scritto da: Sílvia | 16/05/2006 a 11:34
:-) Grazie a tutti e due, l'avventura nel post di Llu non è ancora finita - nonostante le apparenze :-)
Scritto da: palmasco | 16/05/2006 a 19:20