Una volta durante le vacanze, attratto dal suono del nome Santiago de Compostela, ho tagliato la Francia dal Mediterraneo all'Atlantico in macchina, nel caldo molesto del meridione che c'impediva di dormire bene nelle terre del fois gras, poi ho traversato i Pirenei a Lourdes, percorso tutta la costa basca e le Asturie fino alla mia meta, ma di quello per cui ero venuto non c'era niente, o non era rimasto più niente, oppure a me non era rimasta la capacità di vedere, non so, non ho mai saputo.
1. Già da un bel po' di tempo avrei voglia di scrivere qualcosa sulla fantastica libertà compositiva dei post di Llu.
L'occasione decisiva è stata questo suo bel post, che secondo me illustra alla perfezione tutto quello che ho in mente.
Tra i tanti commenti che riceve, non ne ho mai letto uno che provi esplicitamente a parlare proprio della libertà narrativa di Llu, anche se quasi tutti i suoi commentatori secondo me le rispondono implicitamente: ma troppo spesso in modo naturalistico, mimetico, scrivendo con grande libertà qualsiasi cosa passi loro per la testa.
Llu ne sembra molto contenta e incoraggia in modo abbastanza esplicito quel genere di dialogo, penso che giustamente ne valorizzi il valore di compagnia e l'opportunità d'incontro umano.
Il problema secondo me è che nelle storie di Llu c'è anche una notevole densità di contenuti, che forse non s'avverte in pieno per la leggerezza offerta dal suo stile così meravigliosamente libero.
E' l'aspetto di cui vorrei occuparmi io.
Le ho anche scritto un paio di volte e un paio di volte ho provato a scriverlo tra i suoi commenti, ma per ragioni varie non m'è tornata indietro una reazione corrispondente all'impulso che credevo d'aver dato.
Nei vicoli di Santiago sentivo la Spagna molto diversa da quella del folklore internazionale, aggiungerei che la mia sensazione era sicuramente favorita dal lungo viaggio sulla costa atlantica spagnola, verdissima anche d'agosto sotto cieli immensi, abitata da case in pietra e pecore che si muovono d'improvviso a folate, come nuvole che propagano ombre veloci sulla terra, m'ero fermato a dormire in un posto scelto a caso, Durango, soltanto perché è il nome della fuga messicana di una canzone di Bob Dylan, Romance in Durango, le pietre non erano arroventate dal sole, l'acqua scorreva nelle fontane, gli abitanti erano quasi tutti in vacanza, l'indomani avremmo raggiunto Bilbao, dove il cielo si specchia nel titanio del Gugghenheim, lavorato in fogli sottilissimi da una tecnologia studiata apposta per il progetto, pochi millimetri di spessore del titanio che copre l'intero edificio e lo rende inconfondibile, che il vento muove e inclina a capriccio, facendogli riflettere altre nuvole, altri cieli, altri colori dell'orizzonte, un capolavoro.
Abituato quindi ormai a non riscontrare nulla del folklore spagnolo.
Ma sorpreso dall'identità gallega, a Santiago affermata a ogni angolo con insistenza turistica, la cucina gallega, l'artigianato gallego, i tessuti galleghi - mentre avevo ancora negli occhi e nel cuore il divertimento, come potrei chiamarlo diversamente?, di bere il sidro delle Asturias nei ristorantini lungo la costa delle Asturie, non soltanto perché è buono da bere, ma per la tecnica di consumo.
Ma chi lo sapeva che il sidro va bevuto fresco appena versato, e che maggiore è la distanza da cui cade nel bicchiere, maggiore è la reazione ossigenante che ne sprigiona il gusto e l'aroma, così che la bottiglia la devi tenere in alto sopra la testa, più in alto che puoi, e il bicchiere in basso sotto il bacino, più in basso che puoi, e da questa distanza in un certo senso siderale :-), devi mandare il liquido nel bicchiere, i camerieri che te lo servono guardano naturalmente un punto lontano con indifferenza, verso la cucina, e preferiscono tenere il bicchiere quasi sul retro coscia e versare da dietro le spalle, i turisti come me invece, alle prime inevitabili prove personali, mi lascia provare, è possibile?, guardano fissi il bicchiere, gli spagnoli ai tavoli accanto si spostano quanto possono e ritirano le gambe nude, più della metà del sidro dalla bottiglia finisce per terra schiumando furioso sulle mattonelle e le gambe del turista, schizzandogli le scarpe e le gambe dei tavoli che difendono le gambe degli spagnoli accorti.
2. Avevo scritto quindi qualche riga raccontando proprio le incomprensioni cui sono andato incontro, in effetti forse non è il modo migliore per introdurre un argomento sul quale vorresti attirare l'attenzione.
Llu è una mia amica, anche se non l'ho mai vista in vita mia, e anche se la maggior parte dei rapporti diretti che abbiamo avuto sono stati conflittuali, o forse d'incomprensione più che veramente conflittuali, i miei umori soffrono di oscillazioni imprevedibili e ingiustificate secondo lei, ma tutte le volte che me l'ha scritto, invece di prenderla sul serio mi chiedevo piuttosto per chi mi scambiava, immagino che sia la storia di tutte le incomprensioni, uno ha qualcosa per cui protestare l'altro non sa nemmeno di cosa parli, malintesi caratteriali che ogni volta hanno impedito di parlare della sua scrittura, è necessario che mi rivolga a lei in altro modo, mi sono detto un giorno.
Per bere un secondo bicchiere di sidro non ti resta che ordinare un'altra bottiglia, almeno finché impari a versare, ma impari abbastanza veloce: quando hai voglia di bere ti alzi con naturalezza in un ristorante in cui c'è continuamente qualcuno come te che si alza, afferri la bottiglia e versi consapevole delle occhiate divertite, mangi sulle onde atlantiche che s'infrangono sui moli del porticciolo, oppure se non ti va di provare, resti seduto e chiami il cameriere.
Di tutto questo, dico di tanta unicità e divertimento, nemmeno un cartello non un avviso, nessuna pubblicità, nessun orgoglio asturiano sbandierato, per questo l'identità gallega invece, così sottolineata, mi sorprendeva...
3. Volevo aggiungere qualche nota di colore che suscitasse interesse e rilassasse un po' le frizioni con cui m'era venuto di cominciare, peraltro in grande onestà.
La scrittura mi si gonfiava sotto le dita e, per quanto il mio punto finale mi restasse ben chiaro, non riuscivo mai ad arrivarci, sedotto dalle immagini spagnole.
Non ha senso, lo sto facendo proprio per agevolare l'attenzione sulla libertà narrativa di Llu, invece risulta che la mia azione m'allontana proprio da quello di cui voglio parlare.
Sulla scrittura di Llu non avevo ancora scritto nemmeno una riga :-)
Sappiamo tutti molto bene quanta parte di quello che scriviamo dobbiamo buttare via per avere due righe decenti, non mi sarebbe stato difficile farlo anche in questo caso, per quanto in realtà non sia mai proprio facile.
Ma ecco... sentivo e sento che questa premessa fuggita dal mio controllo come se avesse una personalità propria, in qualche modo c'entra con quanto voglio dire, non so se m'aiuti a pensarlo, ma sicuramente gli dà un sapore che secondo me si trova anche nella scrittura di Llu, per quanto in forma diversa.
Ho provato a pensare anche che non è la storia divagante di un viaggio in Spagna fino in Galizia ad ostacolare la mia espressione, ma è la forma blog che non consente post così lunghi e divaganti, nemmeno a uno come me che di post lunghi ne ho sempre fatti, e non mi sono mai molto curato di evitarlo, dunque l'ostacolo non sono le mie associazioni ma, per la prima volta, lo strumento.
Ma subito dopo: è vero che non riesco più a collegare le note introduttive alle riflessioni sulla libertà e la densità della scrittura di Llu, infatti le ho troncate di colpo, ma è anche vero che so già che risulterebbero pertinenti se fossero lasciate in forma d'alone attorno al cuore del discorso.
E forse è vero che soltanto la forma blog consente di farlo.
M'è sembrata materia adatta a giustificare l'interesse di un ragionare pubblico.
non credo che si scriva nei commenti di Llu qualunque cosa passi per la testa, ma credo invece che tu abbia lanciato con precisione un tracciante: la mimesi.
Si risponde alla libertà con la libertà, (dico: facendo sentire il suono del mare anziché scrivere "mare")
Questo credo accada nei commenti ai post di Llu.
Questo credo sia accaduto anche nelle tue righe, che ritengo necessarie e che ho letto avido per l'oggetto e per chi l'ha scritto, e per Santiago e per il sidro, e per voi due soprattutto.
(io non so dire nulla delle scriture, sei tu che hai l'orecchio assoluto. Io non so dire nulla delle scritture, e di quella di Llu penso non si possa dire veramente nulla, non direttamente, ma solo in modo obliquo, diagonale, perché la sua scrittura è sinusoidale, si alza e si abbassa, si avvicina e si allontana, e quando si avvicina si può cercare di essere lì, nel punto di tangenza, e e poi nient'altro, che già ti sfugge tra le dita)
Scritto da: Effe | 03/04/2006 a 11:07
anche io penso sinceramente così.
nel senso che quello che mi colpisce di Llu non è la scrittura: può suonare esocita la prima volta che la leggi, la seconda, ma poi ti abitui.
E' un po', se vuoi, il tema dell'esotico: arrivi in un posto vedi due palme due datteri due noci di cocco e ti sembra che sia un altro mondo. Dopo tre giorni, se il tuo stato d'animo è ben disposto, quelle palme datteri e cocchi ti sono diventati familiari.
Io certe volte penso che alcuni arrivano all'epidermide di llu al suo lato esotico, mentre nessuno si metta a cercare la polpa.
La sua è una deflagrazione secondo me. Le immagini di Llu non so bene come spiegarlo, le immagini che usa per dire le cose, hanno per me la stessa potenza che sento guardando cetri quadri: all'inizio pensavo al surrealismo, questa versione liquida fittizzia e infrasottile della cose, poi ho pensato all'informale.
E penso che l'immaginario di llu stia in questa doppia tensione.
d.
Scritto da: demetrio | 03/04/2006 a 11:25
in qualche modo, la scrittura di llu mi ricorda il "flusso di coscienza", quell'andare a seguito dei pensieri, quel seguirli ed abbandonarli di colpo e poi quel tornarci sopra in una spirale che è la spirale della vita, delle passioni, delle cose che capitano e di quelle che solo "pensi" o "immagini".
Ti succede, all'inizio, di essere colpito da un suono che hai già sentito dentro, che ti rimbomba come il jambee nella percussione di un pezzo senegalese o come un tamburello leggero o le bacchette sui piatti.
Poi succede che la rileggi e i piani si scompongono, diventano multipli e i significati si ampliano, diventano universali, amore, morte, distacchi, dolore, perdita.
Sguardo acuto, languido, ardente, spiazzante, a volte divertito.
Le ho sempre detto che la sua scrittura si dipana con grazia, furia e passione e anche rabbia, magari, e dolcezza e allegria, e...
Sono sempre di questo parere.
E' come se avesse un dono speciale, il dono di dare eco, in un modo assolutamente originale, a quello che già hai dentro, ma a cui non hai saputo dare parola.
Leggerla è un piacere costante ed un grido nello stesso tempo.
Non so dire delle "scritture" della sua so dire così.
Scritto da: bri | 03/04/2006 a 19:56