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12/02/2004

Commenti

untitled io

E con "andamento digestivo" siamo al secondo libro. Libro come lo intendo io, come sto provando a definirlo. Faccio a pezzi volentieri la mia ipotesi di partenza: che tu fossi incapace di "pensare per libri". Non lo sei - d'altronde lo sapevo. Era un'ipotesi dialettica, come si dice. Ah. Bello questo che hai scritto. Molto difficile per me da penetrare, ma non importa: prima o poi riuscirò a scardinarlo. Forse anche tu, prima o poi :)

untitled io

Ah. Ho detto secondo, non terzo, perché "quell'altro" non si vede più. "Quell'altro" si è perso, forse? è stato lasciato nell'altra casa? o si sta semplicemente diluendo in questi due?

palmasco

Mi lascio trasportare da quello che scrivo, untitled, ma non nel senso romantico del trasporto. Lascio che la scrittura mi porti verso un oggetto, che di solito al momento di cominciare non conosco e non immagino. Dopo qualche giorno mi rendo conto di cosa ho scritto. E se ci riesco riparto da lì. Ma non sempre ci riesco: mi serve tempo, perché non sono preparato a ricominciare da lì. Nulla è perso, quindi, e neanche abbandonato. Non per questo riesce ad emergere. Però ho una certa fiducia, ricomincerò a scriverne e lo metterò qui. "Molto difficile da penetrare" mi interessa come commento, mi piacerebbe saperne di più. Fai tu. palmasco

untitled io

Spesso, a proposito di linguaggio, mi attribuisci una sorveglianza che non mi accorgo di avere. Perché ho usato “penetrare” e non, per esempio, capire? “Entrare dentro” cioè, e non “prendere”? Boh. Non so dire affatto perché l’ho usato. So solo che era proprio quello che volevo dire, e infatti l’ho detto. Dunque, come sempre a posteriori: penetrare dove? A memoria e a caso: nella qualità della stoffa del cappotto azzurro, che è cosa buona e bella, ma anche cosa che ha a che fare col privilegio – penetrare negli abissi della parola privilegio, che promette certe cose per finire a offrirne altre, tutte diverse dalla promessa. Penetrare nella mitezza che esplode dai dialoghi (dialoghi con amici, dialoghi fra sé e sé) così come li hai riportati. Può “esplodere” la mitezza? può esplodere come esplode il mite signore-con-bambino quando grida attaccato alla recinzione? penetrare in quell’esplosione, vedere che non porta nulla. Penetrare nella strana constatazione, che tutti i suoi amici hanno cani. Nell’arrendersi all’evidenza di non potersi “opporre”. Penetrare tipo sonda in tutto questo, per poi uscire e dire cosa si è visto, e soprattutto se si è visto l’intoppo nel canale di digestione. Sì l’ho visto. Non bene però. Qualcosa di informe ancora. Secondo me, ripeto, in quell’intoppo ci sta il privilegio: quello tuo e quello degli altri. Un’ammirazione e un fastidio profondi per la figura del “privilegiato”. Il privilegio di fottersene, e il privilegio di saper leggere gli sguardi. Il privilegio di decidere degli umori e dei comportamenti del giorno, e il privilegio di saper aderire a un mutamento. Ne ho messo uno per la donna col cappotto e uno per te, uno per lei e uno per te, non a caso. Perché il privilegio, da qualunque parte stia, porta scompiglio. Anzi, propriamente: è indigeribile. E difatti la persona mite finisce sempre per arrendersi, al privilegio. Sta lì la mitezza: nel non opporsi all’esercizio di un privilegio, pur riconoscendone l’assoluta iniquità. Ma a questo punto mi viene in mente un’altra cosa, che apparentemente non c’entra nulla: “beati i miti, perché erediteranno la terra”. La terra. Ciò che vediamo, il luogo in cui viviamo, tutti i territori saranno ai “miti”. Non è incredibile, per chi al privilegio si è sempre arreso, sapere di essere destinato a un tale privilegio? I miti non possono “usare” niente, ma un giorno disporranno di tutto. E’ per questo che penetrano senza capire, entrano dentro senza prendere (bel sermone oggi, untitled, complimenti!). Strano poi, però, pensare al ciclista di “ruote sottili” che sputa sui parabrezza… Mi sa che hai un problema.

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